Benvenuto sfruttamento.

diritti, Idee, istruzione, lavoro, Regione, sinistra TAGS / alternanza scuola lavoro, mc donald's, scuola, sfruttamento admin 10 ottobre 2017

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Ultimamente si sente molto parlare dell’alternanza scuola-lavoro, da quest’anno obbligatoria per tutti gli studenti delle superiori.
Mentre Ministri e Assessori ne tessono le lodi, leggendo il giornale si scoprono storie bizzarre, come quella del diciassettenne spezzino che si è fratturato una tibia mentre svolgeva le ore obbligatorie dell’alternanza guidando un muletto, un mezzo che richiede un patentino, in assenza del tutor aziendale che dovrebbe garantire la sicurezza del ragazzo.
Oppure quella dell’incontro “Campioni dell’alternanza” promosso dal MIUR lo scorso 18 ottobre, che ha avviato un’intesa fra il Ministero dell’Istruzione e 16 imprese italiane: grandi colossi come FCA, ENI e McDonald’s apriranno all’alternanza scuola-lavoro, per un totale di 27mila nuovi posti per gli studenti.
McDonald’s ha 20.000 dipendenti in Italia, ed è facile immaginare che l’ingresso di 10.000 studenti che lavorano gratis non servirà a trasmettere l’illustre scienza dell’arte del Big Mac, ma a sostituire almeno in parte chi oggi lavora dietro quei banconi.
O ancora, si viene a sapere che il MIUR ha recentemente firmato un accordo con le Camere di Commercio, affinché eroghino fondi pubblici alle imprese che attivano percorsi di alternanza scuola-lavoro per gli studenti del triennio conclusivo delle superiori: di fatto alcuni grandi imprenditori potranno così sostituire lavoratori con studenti che lavorano gratis e lo Stato, invece di multarli, li pagherà.
Allora occorre mettere insieme i pezzi: da un’inchiesta condotta dall’Unione degli studenti è emerso che il 57% degli studenti in Italia frequenta percorsi di alternanza non inerenti al percorso di studi e il 40% degli studenti avrebbe visto violati i propri diritti sul luogo di lavoro. Ma qual è la cosa più assurda? Uno su tre avrebbe addirittura pagato per partecipare al programma. Pagare per studiare è già insopportabile, ma pagare per lavorare gratis dovrebbe essere illegale.
Un anno fa un monitoraggio, promosso da CGIL, FLC CGIL e Rete degli Studenti Medi e realizzato dalla Fondazione Di Vittorio, ha evidenziato che un ragazzo su quattro era fuori da percorsi di qualità, il 10% aveva partecipato solo ad attività propedeutiche, il 14% solo a esperienze di lavoro; nell’80% dei casi queste esperienze erano state svolte d’estate, quando l’attività didattica è sospesa.
Dunque forse bisognerebbe porsi alcune domande: l’alternanza scuola-lavoro non rischia di essere un viatico per il lavoro gratuito e privo di tutele di schiere di ragazzini? Non produrrà forse dumping nei confronti di lavoratori o potenziali lavoratori salariati (in forma di mancati rinnovi dei contratti, abbassamento dei salari, maggiore ricattabilità)? Ha senso sottrarre tempo prezioso (probabilmente) all’ultima occasione di formazione culturale per i ragazzi e le ragazze (400 ore di alternanza sul triennio per tecnici e professionali)? Che fine farà l’istituto dell’apprendistato, unico strumento per la formazione “on the job” che presenti garanzie e tutele per il lavoratore? Come si definiscono, nel sistema dell’alternanza, criteri e procedure di accreditamento delle capacità formative delle strutture ospitanti?
Per noi il problema è ancora più grave: l’OCSE ci ricorda che tre italiani su quattro hanno problemi a svolgere semplici operazioni aritmetiche e a comprendere un testo scritto. Siamo proprio sicuri che tanto la società quanto le imprese non abbiano bisogno di persone in grado di leggere, scrivere e fare di conto?
Ieri ho depositato un’interrogazione urgente, che verrà discussa oggi in aula, per chiedere alla Giunta che strumenti di controllo abbia disposto per evitare questi abusi e gli incidenti come quello verificatosi a La Spezia. Tuttavia non lo nascondo, vorrei ben di più: vorrei che il Governo sospendesse l’obbligo dell’alternanza scuola lavoro e avviasse un’inchiesta ministeriale sui percorsi attivati, la loro qualità e i loro esiti, in cui chiamare le scuole e gli studenti a prendere parola. Perché quello che vediamo non è formazione, ma sfruttamento.

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