Cosa succede in città.

Idee, sinistra TAGS / appendino, Comune di Torino, fassino, torino admin 20 giugno 2016

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Non è tempo di analisi sui fluissi elettorali, anche se il quadro appare ancora più chiaro di ieri. Inoltre, con il calo inesorabile dell’affluenza, ormai lo scenario ci racconta che per fare il sindaco si vince anche spesso con la metà della metà degli aventi diritto al voto. Un sindaco eletto con questi voti rappresenta, nel caso di un’area metropolitana, anche la presidenza della ex provincia e, magari in futuro, il nuovo Senato della Repubblica.

Chiara Appendino ha vinto a Torino, trasformando il quadro politico del paese in uno schema semplificato, a portata di tutti. Mettiamolo giù semplice: il Pd vince al secondo turno nelle grandi città, solo se ha contro un polo moribondo come il centro destra.
La sinistra, in realtà quello che è l’evoluzione di questa parola, vince solo quando è sentimentalmente parte del suo popolo e, come a Napoli, riesce svuotare il Movimento e attrarre la base democratica.
Infine, il richiamo al voto utile da parte del Pd funziona ancora al primo turno, ma al secondo si infrange contro le mura dei 5 stelle. Una diga capace di alzarsi e trattenere tutto il malcontento verso il partito della nazione.

Non voglio parlare della parabola di Renzi, su questo valga quel che scrive sul blog dell’Espresso Alessandro Gilioli: “Io capisco l’esigenza di ogni premier” – e io aggiungerei di ogni sindaco – “di esibire ottimismo e di inoculare fiducia, ma quando il distacco tra gli illusionismi e la realtà diventa troppo ampio, l’effetto è quello opposto. Si insinua cioè il forte dubbio, in molti, di essere presi per i fondelli”.

Verrà il tempo per ulteriori analisi, ma ci tengo a dire pochissime altre cose sulla mia cara città. Prima di tutto un ringraziamento a coloro che hanno amministrato con generosità e senza mai perdere la voglia di essere critici verso se stessi. Non faccio l’elenco, “le medaglie vere stanno su da sole”. Auguro a Chiara di avere sempre l’energia, la lucidità e l’umiltà per rendere veritiera la frase con la quale ha battezzato la sua elezione: siamo tutti Torino. Un modo per dire che la città è di tutti e tutte e che sa bene che questi 20 anni non sono certo da buttare, ma una frase che riassume il fatto che nessuno può privatizzare, neanche pro tempore, il proprio Comune come fosse casa sua.

Seconda cosa: chi mi conosce sa che ieri non ho festeggiato un bel nulla. Non è certo una nostra vittoria, semmai l’estensione di una nostra sconfitta. Vedere vincere Fassino nei soli quartieri dove anche noi andiamo meglio dice una cruda e nuda verità: la vittoria del Movimento arriva in tutti i quartieri diversi dal grande centro (Crocetta, Vanchiglia, San Salvario). Sarà pure un voto di protesta, ma allora diciamoci che dove si sta peggio esistono rabbia e voglia di cambiamento.

A noi e a chi verrà dopo il compito di trasformare la voglia di riscatto, financo di vendetta, in desiderio di più giustizia, eguaglianza, pari opportunità e diritto alla felicità.

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