Piemonte: basta veleni!

Idee, lavoro, Regione admin 20 marzo 2015

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Approvato ordine del giorno per regolamentare l’impiego dei fitofarmaci sui terreni non agricoli e riprendere il monitoraggio del loro uso in agricoltura

Insetticidi, acaricidi, fungicidi, erbicidi, nematocidi, regolatori della crescita. Sono tanti i prodotti fitosanitari, contenenti pesticidi, usati in agricoltura per combattere i parassiti che infestano i prodotti della terra e rischiano di danneggiare i raccolti.
Tuttavia, si sa, anche questi prodotti portano con sé effetti collaterali rischiosi per la salute dei consumatori e per l’ambiente.
L’agricoltura del nostro Paese adopera 320 tipi di fitofarmaci. Secondo il rapporto ufficiale del 2013 dell’Ispra, presentato al Ministero della Salute e al Ministero delle Politiche Agricole, in dodici mesi, per difendersi dai parassiti e dalle infestanti che danneggiano sensibilmente i raccolti, gli agricoltori della penisola hanno utilizzato 143.904 tonnellate di principi attivi o di miscele.
Ma non c’è solo questo: ormai è invalso l’uso, da parte dei Comuni che tentano, in qualche modo, di risparmiare sulla manutenzione, di ricorrere ai diserbanti per i marciapiedi, le strade, le rotaie, gli spazi pubblici. Nel breve periodo è un modo per non vedere l’erba crescere fino ai semafori ai bordi delle strade; nel lungo, però, si tratta di sostanze che, con la pioggia, si raccoglieranno nei canali di scolo, nelle falde acquifere.
Il Green New Deal potrebbe essere anche questo: vietare l’uso dei fitofarmaci sui terreni non agricoli e dare lavoro a operai che possano fare, meglio e senza rischi per la salute dei cittadini, ciò che oggi viene ‘appaltato’ ai diserbanti.

Per ben due volte, nel dicembre 2013 e nel novembre 2014, Legambiente, Pro Natura Vercelli e l’Osservatorio per l’etica e la legalità (Società Futura) della Provincia di Vercelli hanno scritto alla Regione chiedendo di riprendere e intensificare i controlli sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari nel nostro territorio, senza ottenere risposta. La preoccupazione nasceva dalle ultime rilevazioni: stando ai rapporti ufficiali del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria di Vercelli, i campioni delle acque di sommersione delle risaie contenevano almeno un principio attivo non autorizzato in risicoltura e che i campioni non conformi erano stati il 72% nel 2006, il 38% nel 2007, l’80% nel 2008 e il 53% nel 2009.
Rapporti ISPRA e ARPA del 2013 evidenziavano a loro volta la contaminazione delle falde freatiche e la presenza di pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee della regione.

Oltretutto le leggi parlano chiaro: dagli anni ’90 le direttive europee si prefiggono lo scopo di omologare i prodotti fitosanitari in tutto il continente e di armonizzare i residui e regolarne la produzione e l’utilizzo. La legislazione italiana si è adeguata, sottoponendo gli agrofarmaci a una riclassificazione che, in generale, ha collocato il prodotto in una classe tossicologica più pericolosa, e stabilendo che anche i prodotti “naturali” devono essere autorizzati dal Ministero della Salute.
Nel 2007 un decreto ministeriale ha certificato la presenza di principi attivi di fitofarmaci nelle acque superficiali e profonde della pianura vercellese (anche nelle falde delle aree dedicate alla coltivazione del riso) e stabilito limitazioni e divieti. Di lì a poco la Regione ha espresso l’intenzione di accogliere le prescrizioni del decreto e di provvedere ai controlli. Tuttavia, dal 2007 a oggi non ha più attuato il programma di campionamento delle miscele di prodotti fitosanitari, coadiuvanti e diluenti all’atto della distribuzione.
Martedì, finalmente, il Consiglio Regionale si è espresso, approvando un ordine del giorno che impegna la Giunta a regolamentare l’impiego dei fitofarmaci sui terreni non agricoli e riprendere urgentemente il monitoraggio dell’uso dei fitofarmaci in agricoltura.

È un primo passo. D’altra parte, se vogliamo ripensare e rilanciare il ‘modello Piemonte’, dobbiamo per prima cosa proteggere il nostro territorio, i prodotti della terra e la salute dei cittadini.

E speriamo che, per quanto riguarda i terreni non agricoli, si vada verso il divieto. Con una nuova normativa regionale si potrebbe da subito vietare l’uso dei trattamenti diserbanti e sostituirli con metodi alternativi nelle zone frequentate da popolazione o da gruppi vulnerabili (parchi e giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno e confinanti con plessi scolastici, parchi gioco per bambini, superfici in prossimità di strutture sanitarie, piste ciclabili, zone di interesse storico-artistico e paesaggistico e loro pertinenze, aree monumentali e loro pertinenze, aree archeologiche e loro pertinenze, aree cimiteriali e loro aree di servizio) così come previsto dall’azione 5.6 del PAN. L’unico modo di aiutare davvero i Comuni è consentire loro di fare a meno di queste scorciatoie e di prendersi cura delle generazioni a venire.

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