“Dilma Presidenta”, il Brasile ha scelto.

brevi, diritti, Idee admin 27 ottobre 2014

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Ho sentito per la prima volta la voce di Lula nel gennaio del 2002 al world social forum di Porto Alegre. Ero pigiato come una sardina tra gli insegnati del Mato Grosso e una delegazione del PT di San Paolo. Parlava di lotta alla povertà e di una nova speranza per il mondo.

Molto è successo da allora ma, pensandoci bene, una cosa mi è chiara: nel mondo della “crisi” senza fine, lo “spread” tra ricchi e poveri è aumentato. Non in Brasile, e il Partido dos Trabalhadores non ha più perso un’elezione presidenziale da allora.

Da così lontano è difficile avere una visione completa di ciò che i governi Lula e Rousseff hanno realmente fatto. Quello che so è che, come pochi, hanno redistribuito la ricchezza e hanno permesso agli strati più poveri della popolazione di uscire dalla miseria assoluta.

Leggevo poche settimane fa che, secondo l’ultimo rapporto della Fao, il Brasile è stato uno dei Paesi che maggiormente si sono avvicinati all’obiettivo di eliminare la fame e la malnutrizione fra i propri cittadini.

Qualcuno pensava che il socialismo sarebbe fallito in fretta e, a giudicare dalle proteste in occasione dei Mondiali e prima ancora della Confederation Cup, si capisce anche perché questa previsione stesse diventando realtà.
E’ perché, una volta uscita dalla povertà estrema, la popolazione tende a chiedere una vita migliore? Perché chi esce dalla fame tende a notare molto di più ciò che non notava prima: la disparità fra ricchi e poveri, lo spreco di Stato, la corruzione, l’inefficienza dei servizi pubblici?

Altri ancora, soprattutto i profeti del pensiero unico, sostenevano che Rousseff avrebbe perso consensi perché per rendere il Paese più “competitivo” nel contesto della globalizzazione, avrebbe dovuto interrompere la politica ridistribuiva e cominciare ad abbassare le tasse, soprattutto alle imprese. Di sicuro quest’ultima analisi ha il pregio di far capire una certa offensiva mediatica nei confronti del PT.

Poco importa, ormai. Il Brasile ha scelto.

Ora non so cosa farà la “nostra Dilma”; so solo che, se vuole continuare a far vivere l’esperienza positiva dei precedenti governi, non deve cedere a questo implicito ricatto. Sono convinto che regole e tasse possano non fare rima con stagnazione, sprechi e corruzione. Sono convinto che la sinistra continuerà a vincere, non solo in Brasile, se le politiche sapranno di giustizia sociale e redistribuzione.

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