Terra nostra.

Idee admin 28 dicembre 2012

L’Unione europea da 10 anni chiede di adottare politiche che contengano i costi collettivi generati dall’eccessiva dilatazione degli insediamenti e riducano l’impatto sull’ambiente determinato dalla progressiva sottrazione di suoli agricoli e naturali. È improrogabile intraprendere una transizione verde nello sviluppo urbano: valga per tutti il rapporto ISPRA del 2012 “sulla qualità dell’ambiente urbano”, che ci ricorda che in Italia si consumano giornalmente più di cento ettari al giorno, che il livello di impermeabilizzazione dei suoli è in continuo incremento, che è in aumento il fenomeno degli sprofondamenti nei centri urbani (sia della sede stradale che al di sotto di edifici).

Da presidente della commissione ambiente mi sono impegnato da subito sulla tutela delle aree agricole e sulla promozione del ritorno alla terra, sostenendo il Progetto Torino Città da Coltivare e la delibera di iniziativa popolare promosso da tante associazioni ecologiste, per compiere un ulteriore passo verso la revisione delle destinazioni d’uso delle aree verdi cittadine all’interno del Piano Regolatore.

In occasione dell’apertura dell’edizione 2012 di Terra Madre abbiamo presentato il nuovo regolamento degli orti urbani che insieme all’attrazione di nuove imprese agricole e la valorizzazioni delle cascine nelle aree periurbane va verso un ripensamento del valore sociale, culturale ed economico dell’ agricoltura in città.

Ancora oggi a Torino su un totale di 15.000.000 di mq di aree verdi circa 2.000.000 possono avere un uso agricolo.

Da subito vorrei impegnarmi in Parlamento per ottenere l’approvazione del “Disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole
e di contenimento del consumo del suolo”, sostenuto da anni da Slow Food e Coldiretti.

Ma c’è di più, come abbiamo provato a scrivere nel programma di Sinistra Ecologia e Libertà.

L’agricoltura è un settore decisivo per il contributo che può dare al raggiungimento dei complessivi obiettivi della strategia EU 2020 in termini di crescita intelligente, sostenibile, inclusiva e della creazione di nuovi posti di lavoro.

Le prospettive sono notevoli in numerosissimi campi di applicazione: l’agricoltura ha infatti aggiunto alla tradizionale funzione produttiva (cibo, fibre, biomassa ecc.), anche quella ambientale e socio-culturale, in termini di produzione di servizi e valori per la collettività (tutela/gestione delle risorse acqua, suolo, territorio e genetiche, sicurezza globale – alimentare, sociale ed economica, ambientale -, qualità e tipicità, benessere animale, biodiversità, paesaggio rurale, sequestro del carbonio, conoscenze e saperi, coesione sociale, salute, ecc.). Le attività agricole e forestali rappresentano un’opportunità strategica per la risoluzione di criticità storiche, di note e meno note emergenze, di annunciate o nuove e gravi situazioni che si manifesteranno in tutta evidenza nei prossimi anni.

In uno scenario mondiale con gravi e generalizzati squilibri (insufficienza di cibo e di risorse (acqua, ecc.) per una popolazione in crescita inarrestabile, degradazione ambientale aggravata dal cambio climatico, speculazioni finanziarie di vario tipo ad opera di soggetti di vario tipo per accaparramento di risorse di vario tipo, volatilità dei prezzi, ecc.), si inserisce la situazione italiana caratterizzata da deficit strutturali, i cui effetti sono stati esasperati dalla crisi e da politiche che hanno penalizzato il settore (polverizzazione aziendale, invecchiamento della conduzione, peso della burocrazia, difficoltà di accesso al credito, squilibri nelle filiere, debole posizionamento internazionale, disomogenea caratteristica ‘multifunzionale’, forte suscettibilità al danno per il verificarsi di eventi estremi, ecc.).

Tuttavia in Italia, esistono capitale umano qualificato, potenziale di creatività e innovazione, una nuova generazione di ricercatori e imprenditoriale che si sta consolidando, come pure si sono avviati processi significativi che, anche nel confronto con le realtà e le pratiche delle altre regioni europee, possono contribuire a delineare un futuro più sicuro e sostenibile. Tutto ciò però deve essere sostenuto da forti politiche pubbliche, europea, nazionale, regionali. La riforma della PAC è in corso di definizione. Essa, programmando il quadro degli interventi per il prossimo futuro, non solo regolerà il sistema di aiuti che l’Europa trasferisce agli stati membri, ma ispirerà i criteri per conciliare l’obiettivo della competitività nei mercati interno e internazionale, con gli obiettivi di sistema stabiliti dalla missione europea (occupazione, innovazione, competitività, efficienza delle risorse, istruzione e competenze, riduzione povertà, ecc.).

Il percorso di definizione è irto di ostacoli su diversi piani: dotazione finanziaria e criteri di ripartizione, misure di gestione del rischio, sostegno alla produzione e al ricambio generazionale, rapporti con le altre politiche settoriali (ambiente, acqua, salute, ecc), criteri e modalità di erogazione dell’aiuto pubblico e del sostegno alla stabilità del reddito, rafforzamento della crescita verde (che in particolare rischia di subire limitazioni mentre invece merita di essere sostenuta allargandone gli ambiti). È evidente in questo quadro il peso dell’Italia nel dibattito europeo sul futuro della PAC, anche nella prospettiva dei rapporti euro-mediterranei e della riforma delle istituzioni internazionali (WTO, ecc.) a garanzia di mercati aperti, regolati e controllati.

Il settore agroalimentare, oltre a costituire già oggi il secondo comparto economico del Paese per entità del valore aggiunto, è già una grande risorsa per lo sviluppo e l’occupazione, in un ambito nel quale, grazie alla nostra storia e alle risorse naturali, potremmo vantare ancora un vantaggio sostanziale nella competizione globale. C’è bisogno però di un ribaltamento nelle priorità della politica economica che faccia i conti definitivamente con la concezione, tutt’ora dominante in gran parte della classe dirigente, dell’agricoltura come comparto marginale e tutt’al più folkloristico.

Questo anche per restituire all’immaginario collettivo l’idea di un settore tanto strategico quanto dinamico, cancellando così quel senso di “svantaggio” associato all’agricoltura e alle aree rurali. Occorre riconoscere e promuovere, a partire dal testo costituzionale, il ruolo insostituibile dell’impresa agricola nella produzione di derrate alimentari e quale presidio del territorio e della biodiversità. L’attuale competenza legislativa esclusiva delle Regioni deve essere inoltre affiancata dalla potestà concorrente dello Stato (art.117 della Costituzione) ad intervenire sulle filiere per garantire la qualità e la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari.

1. un piano nazionale per contrastare l’abbandono delle campagne e per favorire l’insediamento dei giovani. È questa una priorità assoluta non solo per la nostra agricoltura, che presenta il più basso tasso di ricambio generazionale in Europa, ma anche per contrastare il dissesto idrogeologico del territorio, laddove la prima grande opera, ad alta intensità di occupazione, deve essere proprio la manutenzione con attività agricole e selvicolturali. In questo contesto proponiamo una forma di franchigia fiscale totale per i giovani agricoltori che si insediano e nelle aree demaniali in stato di abbandono. A questo aggiungiamo la creazione di servizi alle famiglie nei territori rurali;

2. occorre una moratoria del consumo di suolo agricolo. La cementificazione ha raggiunto nel ventennio trascorso livelli impressionanti e sta cancellando gli stessi presupposti dello sviluppo agricolo, nonché i nostri paesaggi più pregiati. È urgente una legge urbanistica nazionale che fissi un tetto inderogabile e decrescente al consumo di suolo.

3. per dare una reale prospettiva al settore è necessario difendere il reddito degli agricoltori, in costante calo nell’ultimo decennio. Servono politiche mirate per ridurre i costi del credito, delle assicurazioni, dei trasporti e della burocrazia e per affrontare il grave problema dell’indebitamento che sta strangolando l’agricoltura in vaste parti del Paese; Inoltre va implementato un sistema informativo a supporto degli aiuti in materia di agricoltura che consenta significativi risparmi di carburante per l’auto trazione.

4. promuovere e incentivare concretamente i sistemi di aggregazione e integrazione delle imprese agricole e tra le imprese agricole e le fasi a valle delle filiere, a cominciare dalla cooperazione e dalle organizzazioni dei produttori. Servono inoltre concreti interventi antitrust per contrastare lo strapotere oligopolistico della grande distribuzione che soffoca la piccola e media impresa alimentare;

5. dare sostanza alla tracciabilità delle produzioni agroalimentari, valorizzando l’eticità delle tecniche di produzione e di utilizzo del lavoro e promuovendo la trasparenza delle informazioni sulla formazione del prezzo;

6. promuovere e incentivare la filiera corta: mercati per la vendita diretta, diffusione dei gruppi di acquisto e di offerta, botteghe degli agricoltori, prodotti della filiera agricola. Sono risposte parziali certamente, ma indispensabili per sostenere il reddito e impostare un nuovo rapporto con il consumatore;

7.  l’innovazione e la ricerca in e per l’agricoltura sono fattori di competizione cui il nostro Paese, nella generale disattenzione al tema della ricerca, sembra aver rinunciato. Diviene invece fondamentale sostenerli, soprattutto attraverso una reale messa a sistema delle conoscenze e delle esperienze,un approccio nazionale e internazionale. Inoltre va implementato un sistema informativo a supporto degli aiuti in materia di agricoltura che consenta significativi risparmi di carburante per l’auto trazione;

8. sostenere, con una legge specifica che riunisca le norme esistenti e regolamenti gli argomenti su cui ancora non si è legiferato, lo sviluppo della multifunzionalità in agricoltura. L’agriturismo, le fattorie didattiche e gli agroasili, l’agricoltura sociale individuano nell’azienda contadina una possibilità di risposta innovativa alla crisi del welfare e consentono l’impiego di nuove professionalità nel settore;

9. la pressione della criminalità sul settore agricolo si è fatta asfissiante e intollerabile, non solo nel meridione. Bisogna completare il quadro giuridico che consenta un efficace contrasto dell’intermediazione illegale di manodopera e sradicare il controllo delle organizzazioni criminali sulla logistica, a partire da un piano di modernizzazione radicale dei trasporti e dei mercati all’ingrosso;

10.è necessario e urgente tutelare le risorse idrichee contrastare la tendenza alla desertificazione, con la concessione di incentivi per l’introduzione di tecnologie di irrigazione a basso consumo e con un piano nazionale per la realizzazione di piccoli invasi consortili forme di sostegno all’aridocoltura, per la conservazione di una risorsa insostituibile, che intendiamo mantenere sotto il controllo pubblico;

11. l’agricoltura biologica ha buone prospettive di sviluppo nel nostro Paese e presenta tuttora un mercato in crescita. Deve essere rafforzato il sostegno dedicato alla filiera, così da costruire un mercato di prodotti biologici solido e ben individuabile. Tutto ciò darebbe continuità alla sforzo sino ad ora fatto di mera diffusione del consumo biologico e non delle produzioni biologiche;

12. la riforma della politica agricola comune, in corso d’esame a Bruxelles, deve partire dal presupposto di un quadro finanziario adeguato, senza riduzioni a carico di un settore che costituisce la “spina dorsale” della sicurezza alimentare europea. L’Italia deve battersi per una riforma che non premi la rendita, ma il lavoro e la capacità imprenditoriale e che destini le risorse pubbliche a chi, con il proprio impegno quotidiano, consente al cibo di giungere sulle nostre tavole. Occorre una riforma che premi i comportamenti virtuosi in campo ambientale dell’agricoltore, senza “affogarlo” negli adempimenti burocratici, e che preveda misure di mercato in grado di sostenere concretamente il reddito nel caso di crisi di settore e contro la volatilità dei prezzi;

13. a Bruxelles bisogna portare a compimento la battaglia per l’etichettatura di origine degli alimenti, con la consapevolezza che si tratta di una questione strategica. È una battaglia di civiltà, indispensabile per contrastare la contraffazione, ma anche per tutelare la parte agricola in una filiera dove tendono invece a prevalere gli interessi della trasformazione e della distribuzione;

14. bisogna difendere il modello di agricoltura italiano, basato su tipicità, qualità, diversità ed ecosostenibilità. In questo senso l’Italia deve essere un Paese OGM free.

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