La solita cultura, oppure un Ministero per la creatività.
Eventi, Idee admin 9 ottobre 2012In Italia esistono 4.340 musei, 46.025 beni architettonici vincolati, 12.375 biblioteche, 34.000 luoghi di spettacolo, 47 siti UNESCO, l’Italia è il paese col maggior numero di siti protetti dall’UNESCO nel mondo ed Ercolano è uno di questi. A fronte di questo enorme patrimonio, l’investimento pubblico annuo destinato alla Cultura è di 1,42 miliardi di euro, pari allo 0,19% del bilancio statale (0,11% del PIL). E intanto Pompei crolla. L’investimento pubblico in cultura è necessario perché il mercato non investe dove non ci sono margini immediati. Lo dobbiamo a noi stessi e alle generazioni che verranno. Investire in cultura, tanto più nei momenti di crisi economica, salva il Paese dal degrado morale e dalla deriva economicista, perché cultura significa innovazione e creatività. Innovare per allargare la base produttiva, creando ricchezza da redistribuire. Sono infinite, a pensarci bene, le possibilità di investire per i privati nelle applicazioni delle nuove tecnologie e della produzione culturale. Perché anche le imprese hanno compreso che l’unico modo per farcela è dare all’Italia una vocazione “glocale”, che faccia leva sulla ricchezza del patrimonio storico, ambientale, architettonico, artistico, paesaggistico, trasformandolo in fattore di conoscenza, competenza e promozione della propria unicità nel mondo. Se vogliamo che il futuro non sia lasciato al caso o diventi un qualcosa di cui avere paura è necessario tornare a credere nel valore delle idee.
le idee sono la causa di tutto ciò che ci circonda e la cultura è la loro unione.
Oggi l’Italia non considera il sapere e la conoscenza come un bene comune, necessario al progresso e al benessere di tutti. Al contrario dobbiamo fare in modo che gli italiani tornino a respirare la bellezza, a desiderare di essere amati nel mondo per il loro cinema, per una tv di qualità, per una letteratura capace di esportare sapere e valori universali. C’è un’Italia che non si vede ma che vive nella realtà di internet e nel luogo possibile della Rete in cui un numero indefinito di persone dialogano, si scambiano esperienze facilitando la conoscenza e la naturale predisposizione dell’essere umano all’empatia. La Rete consente l’estensione delle capacità delle donne e degli uomini e preme per l’attuazione di forme di democrazia partecipata, in cui ognuno è chiamato al proprio compito di cittadino del mondo. E la politica, le Istituzioni, cosa possono fare per sviluppare queste occasioni, garantendo profitti per le imprese e buoni salari per i lavoratori, arricchimento culturale per i cittadini, rispetto per l’estetica, democrazia nell’accesso alle fonti e libertà creativa agli sviluppatori? La politica deve, innanzitutto, schiarire il campo dai fumi della distrazione di massa, stimolando la creatività e non la piatta comunicazione unidirezionale, moltiplicando i luoghi di partecipazione collettiva al lavoro creativo, tramite, ad esempio, il coworking. Gli occupati nel settore artistico-culturale sono 585.000, che salgono a oltre 1,4 milioni considerando l’intero comparto della “industria culturale e creativa”. Per tutti questi motivi noi introdurremo il “Ministero per la creatività”, cancellando il Mibac e con l’accorpamento di tutte le deleghe oggi sperse nei mille rivoli di altrettanti ministeri, per uscire dalla trappola della sola conservazione dei beni culturali ai fini della promozione turistica e introdurre l’idea d’industria creativa. L’insieme, cioè, di originalità, etica, cultura, estetica e identità che vanno favoriti in ogni processo produttivo e istituzionale. È un cambiamento possibile, basta iniziarlo. Basta ricordare, infatti, che il 3% dei lavoratori europei – circa 7 milioni di addetti – sono impegnati in un’attività creativa o culturale.
Le proposte su:
audiovisivo
Oggi viviamo immersi nel mondo delle immagini e della rete, pertanto per permettere ai nostri ragazzi di orientarsi e di apprendere altre lingue, dobbiamo passare dalla nozione di cinema a quella più europea di audiovisivo (cinema, tv, prodotti crossmediali). Preliminare, a qualunque discorso sull’audiovisivo, sarà il varo di una seria normativa antitrust che disciplinerà la materia del conflitto di interessi in tutti campi economici, non solo l’audiovisivo.La nostra legge affermerà che nessun operatore economico, pubblico o privato, possa detenere complessivamente quote superiori al 20% di un trust orizzontale o verticale.
1. Nelle scuole di ogni ordine e grado introdurremo lo studio obbligatorio dei linguaggi audiovisivi. L’obiettivo è quello di incrementare il numero di biglietti di cinema staccati in un anno, portandoli in 5 anni da 120 a 200 milioni.
2.La Rai deve rimanere pubblica e occuparsi di informare, educare e innovare linguaggi favorendo lo sviluppo di un vero mercato concorrenziale di produttori indipendenti. Essa va liberata dai partiti, abolendo la Legge Gasparri e la proposta che noi sposiamo è quella di MoveOn:
a. La Rai è di proprietà dello Stato e le fonti di nomina del CdA, per un massimo di 5 componenti, sono il Parlamento, le Regioni, gli utenti e i lavoratori della Rai. Il Consiglio di Amministrazione della Rai è caratterizzato da una governance duale, composta da un comitato di gestione e un comitato di controllo;
b. Il Contributo al servizio pubblico audiovisivo della Rai va pagato tramite il modello UNICO ogni anno;
c.Favoriremo la programmazione del cinema italiano ed europeo per ciascuna rete generalista e la trasmissione di film in lingua originale con sottotitoli italiani.
3.L’esercizio cinematografico è centrale in ogni politica del settore. Il cinema, e soprattutto il cinema italiano, vive nella sala e la sala è momento di aggregazione, centro di cultura. Esso va però ammodernato con una maggiore diffusione del digitale (siamo ancora, assurdamente, solo al 50% di schermi digitalizzati). Puntiamo a snellire la catena distributiva e a formare gli esercenti affinché scelgano il prodotto di qualità sul quale applicare particolari condizioni di favore. Una sala cittadina che chiude impoverisce la qualità della vita delle nostre città;
4.In Italia non esiste un libero mercato dell’audiovisivo: da dieci anni vediamo solo film “made in Rai” o “made in Medusa”. Nell’ottica antitrust, anche la Rai va ridimensionata e orientata alla qualità. La Rai rappresenta tutt’ora la giustificazione del potere di Mediaset. Senza danneggiare nessun network, vogliamo favorire la concorrenza leale con un sistema di regole. Per cercare di scardinare l’attuale oligopolio è opportuno prevedere seri obblighi d’investimento da parte dei network televisivi. Ad esempio rivolgersi direttamente alle produzioni indipendenti per l’acquisizione dei diritti legati al reale sfruttamento del prodotto audiovisivo così da permettere una reale capitalizzazione delle imprese del settore;
5.Per favorire lo sviluppo del nostro paese e renderlo attrattivo dobbiamo introdurre le licenze creative commons, sviluppare gli open data e l’uso di software aperto, attrarre le produzioni straniere, sviluppare un mercato dei diritti nazionale che aiuti produttori e registi a realizzare storie universali, in tale ottica cercare cooperazioni rafforzate all’interno dell’Europa, anche con la creazione di fondi specifici che favoriscano i progetti transnazionali e le coproduzioni. Inoltre istituiremo il Centro nazionale per l’Audiovisivo (CNA) finanziato da una tassa di scopo integrale su tutta la filiera che si occupi di erogare risorse e costruire un sistema nazionale come fanno oggi le migliori film commission sui territori, oltre che di promuovore il nostro prodotto nazionale.
sistema dello spettacolo dal vivo
Il sistema dello spettacolo dal vivo (teatro, danza, musica) attende una Legge quadro nazionale. Nel mondo del lavoro e nei consumi culturali, manca una visione del futuro adeguata ai mutamenti che da anni attraversano la creazione artistica e l’offerta di servizio culturale. Per questo è urgente una Legge quadro che, applicando il dettato costituzionale dell’art.117, stabilisca:
1. che il Fondo Unico per lo Spettacolo assuma il carattere di fondo di investimento pluriennale;
2.le competenze concorrenti fra Stato e Regioni, introducendo strumenti di concertazione istituzionale (quali accordi di programma e convenzioni) per il sostegno statale e regionale dei soggetti e delle attività;
3.nuovi indicatori e parametri per rimuovere gli ostacoli normativi che da oltre un decennio, mentre confermano “rendite di posizione” non più giustificate di soggetti ed attività che hanno esaurito il proprio ruolo, impediscono il ricambio generazionale, artistico ed organizzativo;
4.la concreta attuazione del riconoscimento, operato dall’art. 51-bis del Decreto Legge n.83/2012, dello status di micro, piccola e media impresa agli organismi dello spettacolo dal vivo;
5.tuteli i lavoratori dello spettacolo in materia di contributi, salari e stagionalità del loro lavoro;
6.ristrutturi la governance dei fondi pubblici per lo spettacolo che sono oggi erogati in modo assai discutibile;
7. favorire in ogni modo le cooperative e le compagnie che aggregano talenti e investimenti anche estendendo il tax credi per investitori esterni alla filiera.
musica
Il patrimonio musicale italiano va considerato come un vero e proprio sistema composto da artisti, case discografiche, produttori, distributori, organizzatori e istituzioni, come accade da molti anni in altri paesi europei. Un sistema musicale basato sulla valorizzazione sostenibile delle risorse materiali e immateriali del Paese, che coinvolga sia la sfera artistica e culturale, sia la capacità imprenditoriale ed organizzativa dei soggetti produttivi. Vogliamo realizzare:
1. Un articolato intervento legislativo per potenziare e consolidare la presenza e la competitività del “Sistema Musicale Italia” nei mercati nazionali ed esteri;
2. riconoscere la produzione discografica come bene culturale e non di lusso, ponendo in sede EU la riduzione dell’iva al 4% al pari ad esempio delle produzioni letterarie;
3.Aumentare la quantità e la qualità degli spazi per la musica dal vivo con incentivi che favoriscano la realizzazione, su scala urbana o metropolitana, di strutture adeguate come il Parco della Musica di Roma, il Barbican Center di Londra o la Cité de la Musique di Parigi;
4.Istituire un fondo per la ricerca e lo sviluppo dedicato ai giovani talenti con incentivi premianti per la loro programmazione su radio/tv;
5.Inserire nei programmi di promozione del Made in Italy anche il prodotto musicale, attraverso la partecipazione a fiere, eventi internazionali ecc.
6.Innovazione tecnologica del sistema musicale con strumenti finanziari e legislativi mirati alle imprese che intendano investire nel passaggio al digitale e innovare il prodotto culturale;
7. Favorire la diffusione della cultura musicale rendendola parte integrante dei programmi didattici facendo della musica uno dei pilastri della formazione e creando un fondo per facilitare l’acquisto di strumenti musicali per i più giovani.
editoria
L’educazione alla lettura non può prescindere dal confronto con i nuovi strumenti e con la società dei consumi. È tuttavia necessario utilizzare i nuovi strumenti in maniera più consapevole, evitandone le trappole implicite: banalizzazione o omologazione del giudizio, mancanza di prospettiva storica e appiattimento dei valori. Ripensare il rapporto tra libri, autori, pubblico, editoria, distribuzione, mercato. Ognuno di questi anelli della catena ha varie e grandi difficoltà che ricadono sul lettore disorientato tra le vendite online, la ricerca degli sconti, la pubblicità martellante, il protagonismo televisivo, la quantità enorme di libri sul mercato, le scarse risorse a disposizione, eppure mai come in questi anni registriamo forte la voglia di leggere, di ascoltare, partecipare. È necessario pertanto:
1. Promuovere l’imprenditorialità diffusa, favorire gli editori puri, la cultura d’impresa e di management allo scopo di aiutare l’emersione di un nuovo pubblico per nuove imprese e nuovi contenuti;
2.Democratizzare l’accesso alle fonti culturali, rendendo diffuse le attività di formazione attraverso la promozione di una collaborazione più intensa, sistematica e ampia tra le arti, le istituzioni accademiche e scientifiche e le sinergie pubblicoprivato;
3.Ispirandoci ad uno speciale esperimento avviato in alcune prigioni del Brasile dalla presidente Dilma Rousseff, proponiamo una legge che perfezioni l’equivalenza universale tra i libri e la libertà. La proposta consiste nel ridurre di quattro giorni la pena per ogni libro letto dai detenuti per un massimo di 48 ogni anno. Ogni detenuto potrà leggere un libro al mese di letteratura, filosofia o scienza e farne una relazione scritta per dimostrare di averlo compreso. In Italia sono allestite 153 biblioteche su 206 istituti di pena nei quali abitano 68mila detenuti. Sarebbe una straordinaria novità se, anche in Italia, l’opportunità di leggere si trasformasse in redenzione attraverso la lettura proprio come in Brasile;
4.Ripensare al ruolo delle biblioteche investendo in progetti di riqualificazione, ampliamento, riconversione o costruzione ex novo di edifici e biblioteche per rilanciarne il ruolo e la centralità culturale e sociale. Ciò anche attraverso l’implementazione di nuovi servizi digitali per il pubblico, la trasformazione e l’attrattività degli spazi dedicati, la costruzione di servizi e relazioni culturali con l’utenza anche tramite il web e i sistemi di catalogazione integrata in rete.
beni culturali
I beni artistici e culturali italiani sono ammalati quasi terminali di burocrazia e di inedia degli enti pubblici. Incuria, mancato rispetto per la storia antica e moderna, disinteresse diffuso per l’importanza della traccia storica nel passaggio del tempo sono sintomi di un Paese che si perde ogni giorno di più. Per questo noi pensiamo sia necessario:
1. Snellire le norme in materia di appalti per restauro, manutenzione e rilancio dei beni artistici e culturali;
2.Introdurre una normativa chiara e puntuale sulle sponsorizzazioni per rendere appetibili e trasparenti i bandi e consentire la defiscalizzazione per gli investitori privati nel settore;
3.Rendere le sovrintendenze strumenti efficienti di effettiva tutela e valorizzazione e non di mera e spesso cieca conservazione;
4.Rivoltare la logica secondo la quale i fondi pubblici rappresentano una voce di spesa e non, invece, d’investimento nel futuro;
5.Valorizzare, fare emergere dalla precarietà e formare le innumerevoli risorse di addetti al settore: archivisti, archeologi, addetti museali, giovani manager culturali sono alcune delle decine di migliaia di professionalità di cui l’Italia ha bisogno. Oppure è meglio chiuderlo questo Paese.
P.S. Se condividete quanto abbiamo scritto, volete discutere di questa e di tante altre proposte, e/o volete darci una mano per la campagna delle primarie per Vendola Presidente contattatemi o venite alle riunioni del comitato torinese. Questa sera il primo incontro Martedì 9 Ottobre alle ore 21 alla Casa della Giraffa, Parco Michelotti, Ex zoo di Torino.
marcogrimalditorino@gmail.com