BarCamp. Molto lavoro per nulla?

Eventi, Idee admin 13 marzo 2012

GIOVEDI’ ore 21, Antico Macello di Po

ISTITUTO GRAMSCI

Via Mattero Pescatore, 7, Turin, Italy

Ogni riflessione e spunto costituiranno la piattaforma di un ragionamento comune. Un ragionamento comune per un documento partecipato. Un documento partecipato è l’obiettivo del BarCamp.
Ti aspettiamo.

IL CIRCOLO SEL “SARAMAGO” e i KNOWLEDGE WORKERS


Per approfondire e arrivare preparati:
http://knowledgework3rs.wordpress.com/

Cos’è un BarCamp?
E’ una non-conferenza nella quale i contenuti sono generati dal basso, nel tentativo di coinvolgere i presenti per condividere le proprie esperienze e idee.

Chi sono i lavoratori della conoscenza?
Professionisti in grado di mettere il proprio capitale i…ntellettuale al servizio dello sviluppo di una comunità o di un’azienda. Individui in grado di immaginare e progettare scenari futuri, di sviluppare nuove idee, crescita e benessere. Una categoria trasversale che comprende lavoratori di settori in apparenza lontanissimi.
Molto lavoro per nulla?
Oggi la maggioranza dei lavoratori della conoscenza si muove in un mercato del lavoro precario cartterizzato da una politica contrattuale che non assicura la tutela di diritti fondamentali.

Perchè i lavoratori della conoscenza non hanno una coscienza di classe?

Discutiamone insieme.

> Hai studiato, conosci i tuoi diritti. E allora perchè non li difendi?
> Perchè per permetterti la baby-sitter devi arrotondare lavorando in call-center?
> Quanti amici hai invitato alla festa per celebrare il tuo contratto da due mesi e dieci giorni?
> Quanti stage hai sulla tua tessera punti?
> Perchè?

Negli ultimi anni si è fatta strada nella nostra società una nuova categoria professionale: i lavoratori della conoscenza, o knowledge workers, professionisti in grado di mettere il proprio capitale intellettuale al servizio dello sviluppo di una comunità o di un’azienda. Non si tratta solo di lavoratori in possesso di un determinato bagaglio culturale. Stiamo parlando di individui in grado di immaginare e progettare scenari futuri, che si occupano di sviluppare nuove idee in grado di apportare crescita e benessere.
In poche parole: sono coloro che “producono conoscenza per mezzo di conoscenza”, quella ricchezza difficile da quantificare, ma che rappresenta l’indice di lungimiranza e coraggio di una società.
Quella dei knowledge workers è dunque una categoria trasversale che comprende lavoratori di settori in apparenza lontanissimi, accomunati però dal ruolo che ricopre la “conoscenza” nel loro operare quotidiano.
Possiamo tranquillamente affermare che i lavoratori della conoscenza sono sempre esistiti e da sempre ricoprono un ruolo centrale nella società per lacrescita e lo sviluppo del Paese.
Sono stati sempre “lavoratori privilegiati”: riconosciuti,valorizzati, retribuiti e compensati adeguatamente, perché facenti parte di ordini professionali,”corporazioni”, “lobby” che hanno garantito loro rappresentanza politica, sindacale e la tutela e la rivendicazione di diritti. Potremmo definire questi lavoratori “KW di serie A”, i quali hanno potuto scegliere tra un lavoro da dipendente o svolgere la libera professione, diventando dei veri imprenditori di se stessi, intraprendendo un vera carriera professionale.
Di contro, negli ultimi anni sono cresciuti in maniera esponenziale i”KW di serie B” che si trovano ad affrontare un mercato del lavoro nel quale si sentono spesso soli e operano in molti casi in condizioni svantaggiate, se non direttamente di sfruttamento.
Un quadro complesso peggiorato da una politica contrattuale che in gran parte dei casi non assicura la tutela di diritti fondamentali e dalla scarsa o nulla rappresentanza sindacale e politica. Forse anche per tali ragioni questi lavoratori della conoscenza si ritrovano spesso a percepire la propria condizione come singoli in lotta per la sopravvivenza, di frequente in concorrenza con altri KW di serie B.E forse è qui che vanno ricercate le ragioni di questa mancanza di forza sociale e coscienza collettiva. Ecco allora alcune domande fondamentali.
- Perché non c’è coscienza di classe?
Di certo, in questo, giocano un ruolo le vecchie categorie, le stesse con le quali continuano a relazionarsi i partiti e i sindacati. Categorie con identità e storia consolidate che delineano una prospettiva difficile da superare e che spinge verso una forte parcellizzazione. Ma questo non è certo l’unico fattore che condiziona l’attuale assenza di autoconsapevolezza deiKW. Vi è una difficoltà, per i singoli KW, nel modificare la propria prospettiva, superando – loro per primi – i limiti generati dal ragionare solo in base al proprio settore di appartenenza.
- I nuovi KW sono il nuovo “proletariato”, ma non se ne rendono conto o non vogliono rendersene conto, perché significherebbe ammettere magari il fallimento di investimenti di studio, tempo e denaro?
- Le posizioni dominanti dei KW di serie A impediscono ai nuovilavoratori della conoscenza di essere valorizzati, riconosciuti  e rappresentati?
È forse giunto il momento di andare oltre, di creare una coscienza collettiva trasversale, di riconoscersi e riconoscerci come nuovi lavoratori della conoscenza.
Tra gli altri motivi che impediscono maggiormente il nascere di una coscienza di classe fra Lavoratori della Conoscenza l’esistenza ben radicata nel nostro Paese di un forte Welfare familiare, croce e delizia delle nuove generazioni.
Se, infatti, la solida presenza economica dei genitori alle spalle evita ai giovani lavoratori, alle prese con lavori discontinui e mal retribuiti, di sprofondare inuno status di indigenza (permettendo loro di investire anche somme extra rispetto alle proprie risorse, da destinarsi alla formazione), dall’altra parte questo riuscire comunque sempre a”galleggiare” fa sì che essi non sviluppino, di fatto, una presa di coscienza della propria condizione lavorativa all’insegna della precarietà e della svalutazione professionale. La condizione lavorativa è vissuta a livello privato, come “tragedia individuale” e gli stessi indicatori economici, che dovrebbero descrivere la presenza di situazioni di questo tipo sollevando il problema, sono in realtà regolati dal reddito familiare, e falsificano la percezione di questa classe di lavoratori da parte della società e diloro stessi.
Come si abolisce il Welfare familiare?
1. Sarebbe il caso di superare gli indicatori legati al reddito familiare, permettendo ai giovanidi raggiungere quanto prima una propria indipendenza economica, aiutati dallo Stato che nericonosce la singola finte di reddito?
2. L’introduzione del reddito di cittadinanza, una somma mensile modesta che spetta allavoratore in quanto cittadino, e che lo mette al riparo dai periodi di disoccupazione permettendogli di investire nella propria formazione, sarebbe uno strumento adatto?
3. All’interno di questa discussione, come si pone il problema del pensare un altro modello disviluppo? La società ha bisogno della conoscenza? E’ vero che in Italia ci sono “troppilaureati” o è vero, piuttosto che c’è poca offerta di lavoro della conoscenza, per mancanza diinnovazione e di ricerca? Se vi fosse più offerta di lavoro nel campo della conoscenza, laflessibilità sarebbe soltanto un male?
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