La precarietà è deserto, il 1° maggio è città.

Idee admin 30 aprile 2011

Un terzo dei giovani in Italia è senza lavoro.
Anche a Torino la disoccupazione giovanile riguarda circa un giovane su tre. E non che gli occupati se la passino particolarmente bene: le assunzioni di giovani riguardano in gran parte lavori a bassa professionalità e sono fatte con contratti a termine, molti dei quali durano meno di 7 giorni.
Per non parlare del popolo delle partite IVA, di quei tanti giovani professionisti che, per non perdere il lavoro, sono costretti a diventare finti lavoratori autonomi guadagnando meno e senza alcuna tutela.

Qualche anno fa, quando la “flessibilità” ci veniva dipinta come la soluzione a tutti i mali, noi parlavamo già di precarietà, dell’impossibilità di costruire progetti di studio e di vita per chi non ha certezze, dell’assurdità di una società che entra nel terzo millennio e demolisce i diritti dei lavoratori.

Oggi, con la crisi che fa chiudere aziende e cancella posti di lavoro, il “modello flessibile” ci mostra i suoi lati peggiori: licenziamenti, contratti non rinnovati, assenza di tutele e ammortizzatori sociali.

Il lavoro, come ci ricorda il professor Gallino, fa la biografia di un uomo, perché noi siamo quello che facciamo. E non c’è nulla di più triste di non saper rispondere alla domanda “che fai nella vita?”.
Il lavoro, quello vero, dà dignità. E se quello che facciamo non ha futuro, se non puoi farti rappresentare dal sindacato perché altrimenti non ti rinnovano il contratto, se non puoi ammalarti perché se no non paghi l’affitto, allora è la nostra vita a perdere prospettive e dignità.

Spesso di fronte a questi temi ci si trincera dietro alla risposta “Non possiamo fare nulla, il Comune non ha particolari competenze in materia di lavoro”. In parte è vero, ma il Comune può e deve vigilare sugli appalti, ricorrere sempre più al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che permette di valutare aspetti qualitativi di un appalto) invece che a quello del massimo ribasso (in cui conta solo la compressione dei costi), verificare che i servizi affidati agli esterni vengano svolti rispettando diritti retributivi e sindacali.

Come ha proposto Piero Fassino, dobbiamo investire sul lavoro etico, usando gli strumenti che il Comune ha (fisco, controlli, politiche del personale) per disincentivare il ricorso a contratti precari e per promuovere l’inserimento dei soggetti svantaggiati e la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita.

E poi sta a noi, a chi come me fa parte del Consiglio Comunale e si ricandida a farne parte, tenere alta l’attenzione sul mondo del lavoro, sta agli amministratori locali di oggi e di domani far sentire la propria voce in rappresentanza di un’intera città, sta a tutti noi cittadini manifestare per il lavoro e per i diritti.

Ci vediamo in piazza il 1° maggio, buona Festa delle lavoratrici e dei lavoratori.

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