Torino: chiudiamo la triste pagina dei Cie.

diritti, Idee admin 17 febbraio 2014

I consiglieri Sel esultano dopo l’approvazione della loro proposta di mozione al Comune di Torino.

“E’ da più di dieci anni che insieme a tanti denunciamo la sofferenza e l’umiliazione degli ospiti del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Corso Brunelleschi” dichiarano i consiglieri.

Oggi questa denuncia è diventata una vera e propria proposta di mozione firmata dai consiglieri Marco Grimaldi (Sel), Michele Curto (Sel), Lucia Centillo (PD), Domenica Genisio (PD), Laura Onofri (PD), Marta Levi (PD), Michele Paolino (Pd), Gianni Venura (PD),  Mimmo Carretta (PD), Giovanni Porcino (Moderati) chiedendo ufficialmente al Governo di superare nel più breve tempo possibile questa formula disumana e dispendiosa. la proposta di mozione intende ribadire, come ricordano i firmatari, “a tutte le istituzioni, dal prefetto al Parlamento Italiano, che i CIE sono un’esperienza fallimentare e vanno superati e in seguito definitivamente chiusi”.

“Non ho cambiato idea” annuncia in aula il primo firmatario Marco Grimaldi: “i Cpt non andavano pensati e realizzati. Finalmente in tanti, come noi iniziano a sostenere che i Cie vanno chiusi perchè hanno manifestato il loro totale fallimento. Il senso è semplice: rinchiudere immigrati senza documenti sino a 18 mesi, è una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche”.

Durante i sopralluoghi come Consiglio Comunale al CIE di corso Brunelleschi, le commissioni hanno constatato che erano presenti 85 persone (73 uomini e 12 donne) in condizione precarie sia dal punto di vista materiale che psicologico. Il rapporto infatti evidenzia che un trattenuto su tre usa ansiolitici e antidepressivi; senza considerare il costo sostenuto per l’ampliamento di tre anni fa che è costato 14 milioni di euro ossia  78 mila euro a posto letto.

Grimaldi chiude il suo intervento in aula ricordando che Torino è  la prima grande metropoli italiana che chiede di chiudere la pagina tristissima dei CIE: “Al fine di evitare sofferenze inutili a coloro che vi sono detenuti, di operare risparmi virtuosi alla spesa pubblica e di sanare una grave lacerazione ai principi costituzionali,  la chiusura dei Cie costituisce un imperativo urgente per Torino e per l’Italia”.

Viste queste motivazioni i firmatari impegnano il Sindaco Fassino a:

• chiedere ufficialmente al Governo di chiudere nel più breve tempo possibile il CIE di Corso Brunelleschi;

• ribadire a tutte le istituzioni, dal prefetto al Parlamento Italiano, che i CIE sono un’esperienza fallimentare e vanno superati e in seguito definitivamente chiusi, sottolineando che rinchiudere immigrati senza documenti sino a 18 mesi è una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche;

• invitare il Parlamento a prevedere una nuova legislazione che abroghi la Bossi Fini, sancendo che ogni forma di limitazione della libertà personale degli stranieri deve essere conforme alla riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 della Costituzione, e perciò ogni competenza in materia deve spettare al solo giudice togato (non più il giudice di pace, ma il Tribunale in composizione monocratica, al pari di ogni altra restrizione delle libertà fondamentali).

__________________

Ecco il mio intervento in aula:

__________________

I centri di detenzione amministrativa sono stati introdotti dalla legge “Turco-Napolitano” (con la denominazione di CPTA – Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza).

Il periodo di trattenimento, inizialmente fissato in 30 giorni, è stato poi prolungato a un massimo di 60 (L. 189/2002 cd. Bossi-Fini), poi a 180 giorni (L. 125/2008), sino ad arrivare, per iniziativa dell’ex Ministro dell’Interno Maroni, ad un massimo di 18 mesi (D.L. 89/2011).

I CPTA sono stati poi denominati “Centri di Identificazione ed Espulsione” dalla legge 125 del 2008.

Già il rapporto della Commissione “De Mistura”, istituita nel 2007 dal Governo italiano, denunciava i tanti episodi di rivolte e di fughe, di suicidio, di autolesionismo, il racconto delle violenze subite, lo stato di prostrazione che provocano anche pochi giorni di detenzione, l’alto tasso di consumo e abuso di psicofarmaci indispensabili a sopportare un “regime carcerario”.

Gli stessi fatti sono comprovati, oltre che dalla cronaca, da approfondite ricerche svolte da organizzazioni indipendenti nazionali e internazionali.

La Commissione “De Mistura” propose il progressivo superamento dei CPTA.

La Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato, nella precedente legislatura, sotto la presidenza del Sen. Marcenaro pervenne a simili conclusioni.

Purtroppo niente di tutto questo accadde.

Eppure i dati e le contraddizioni erano già alla portata di tutti.

Per esempio negli anni, meno della metà delle persone detenute nei centri è stata effettivamente rimpatriata a fronte di costi elevati per l’allestimento, la gestione, la manutenzione e la sorveglianza delle strutture.

Occorre ricordare che i diritti delle persone trattenute non sono disciplinati da alcuna norma primaria, bensì sono affidati ad una generica e lacunosa disposizione regolamentare e persino a meri “capitolati” di gestione.

Per fortuna qualcosa da mesi si muove, anche sotto la pelle di Montecitorio:  infatti a fronte di gravi violazioni dei diritti umani, anche la Camera dei Deputati ha appurato l’inefficacia e l’inefficienza dei CIE rispetto alle funzioni affidate ad essi dal legislatore.

Come avete visto sul fronte torinese le vicende non sono dissimili.

Durante gli ultimi sopralluoghi come Consiglio Comunale al CIE di corso Brunelleschi, le commissioni hanno constatato che erano presenti 85 persone (73 uomini e 12 donne), chiamate dalla Croce Rossa “ospiti” e dalla Prefettura “trattenuti”.

A fronte di 210 posti teorici, quelli utilizzabili erano 98, mentre i restanti erano inagibili per motivi di sicurezza in quanto, a seguito delle rivolte, gran parte delle aree erano state bruciate e rese inutilizzabili.

Le rivolte nello scorso anno sono state mediamente 2 al mese e nei periodi estivi anche di più.

Come abbiamo potuto constatare la Croce Rossa continua a svolgere il ruolo di “full service” dalla mensa alla pulizia, dall’avvocatura alla consulenza medica e psicologica.

La Croce Rossa rilascia 3,5 euro al giorno a ospite (usati per lo più per tabacco e telefonate).

Come riportato dal medico del posto: un trattenuto su tre usa ansiolitici e antidepressivi.

L’ampliamento di tre anni fa costò allo Stato 14 milioni di euro, ovvero 78 mila euro a posto letto.

Tali cifre risultano abnormi considerando che nella metà dei casi la detenzione è inutile: nel 2012 è stato rimpatriato il 57 percento degli stranieri, 650 su 1.100 circa trattenuti.

Qualche giorno dopo i sopralluoghi, è il 21 dicembre 2013, Suor Anna del Centro di Via Santa Maria Mazzarello a Torino denuncia la sofferenza e l’umiliazione degli ospiti del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Corso Brunelleschi.

Oggi a quella e alle tante denunce che sono arrivate in questi anni dalle ong, associazioni, e parlamentari di tutta Italia vogliamo dare una risposta politica chiedendo ufficialmente al Governo di superare nel più breve tempo possibile questa formula disumana e dispendiosa, la proposta di mozione intende ribadire, come ricordiamo nel testo, “a tutte le istituzioni, dal Prefetto al Parlamento Italiano, che i CIE sono un’esperienza fallimentare e vanno superati e in seguito definitivamente chiusi, al fine di non reiterare una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche”.

Oggi dopo tanti mesi di lavoro e discussione voteremo il documento nel quale la Città di Torino chiederà al Governo il superamento da subito del Cie di Corso Brunelleschi, l’abrogazione della “Bossi-Fini” e la fine dei Centri di Identificazione ed Espulsione.

Come molti di voi sanno, anche tra noi proponenti ci sono posizione diverse sulle origini e sulle intenzioni della “Turco-Napolitano” che introdusse i CPTA.

In questo senso non ho cambiato idea: penso che i Cpt non andassero pensati e realizzati.

Ma è quello che ci unisce che conta, quell’idea sempre più chiara che con il passare degli anni e con le perverse modifiche della “Bossi-Fini” si è fatta strada: i centri non risultano essere la risposta adatta per il “contrasto all’immigrazione irregolare” né per i rimpatri. In più è sempre più lampante che coloro che vi finiscono rinchiusi lo devono a casualità e discrezionalità. Basta ricordare che il numero complessivo dei migranti rimpatriati attraverso i CIE nel 2012 (4.015) risulta essere l’1,2% del totale degli immigrati in condizioni di irregolarità presenti sul territorio italiano (326.000 secondo le stime dell’ISMU al primo gennaio 2012).

Insomma oggi siamo in tanti a dire che i Cie vanno chiusi perché hanno manifestato il loro totale fallimento.

Per questo un ringraziamento speciale va a tutte quelle consigliere comunali, a partire dalle presidenti di commissione, che ci ricordano l’essenziale delle tante visite e sopralluoghi: rinchiudere immigrati senza documenti sino a 18 mesi, è una inqualificabile violazione dei diritti umani, oltre che uno spreco di risorse pubbliche.

La maggior parte dei reclusi proviene da una precedente esperienza carceraria. Hanno già scontato la pena, ma non sono stati identificati nel corso di quel periodo perché la procedura non lo prevede.

Molte delle donne recluse erano costrette a prostituirsi dai loro connazionali, e “avrebbero bisogno di un aiuto per liberarsi dal peso dello sfruttamento”.

I costi di gestione economica di queste strutture sono sempre più insostenibili per lo Stato Italiano, ma sono i costi umani che non sono accettabili.

Nei CIE italiani la situazione è spesso ancora più grave di quella torinese da ogni punto di vista: sovraffollamento, condizioni igieniche spaventose, risse, violenze, fughe, rivolte, maltrattamenti.

Vorrei uscire da questo Consiglio oggi potendo dire che per questa città la strada è tracciata: “Al fine di evitare sofferenze inutili a coloro che vi sono detenuti, di operare risparmi virtuosi alla spesa pubblica e di sanare una grave lacerazione ai principi costituzionali,  la chiusura dei Cie costituisce un imperativo urgente per Torino e per l’Italia”.

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on Google+Email this to someone