…come i papaveri.

Idee admin 22 luglio 2013

Come pochi di voi ricorderanno ho deciso di sottoscrive la piattaforma di Libera per le elezioni comunale chiamata L-10. E così ha fatto anche SEL. Purtroppo nel 2011 la direzione provinciale del Pd, nonostante avesse risposto positivamente alla prima proposta di non candidare persone rinviate a giudizio o condannate, e nonostante la contrarietà di molti militanti e dei Giovani Democratici, decise di inserire nella rosa di nomi persone che hanno avuto precedenti penali per reati legati alla sfera pubblica.

Su questo punto in particolare mi fermo qui. L’errore politico e culturale, perché per noi  si tratta di questo, è da ricercare laggiù.

Per questo saranno delusi coloro che da giorni speculano su una nostra interdizione o non voto sulle sostituzioni. Come diceva un indimenticabile interprete della prima repubblica: “Noi le invettive non le lanciamo contro nessuno, non ci piace scagliare anatemi, gli anatemi sono espressioni di fanatismo”. E in questo paese di fanatismo ce ne è fin troppo.

Per questo ritenete non di facciata i nostri migliori auguri agli assessori Lorusso e Mangone, e ai neo consiglieri La Ganga e Cuntrò un buon nuovo inizio.

Vorremmo però sottoporre alla riflessione politica una considerazione più profonda sulla fotografia di oggi.

Ha ragione chi dice che c’è chi ha pagato e c’è chi è andato nelle vicine spiagge del sud del mediterraneo. Chi ha saldato il conto con venti mesi di carcere e la restituzione all’erario di mezzo miliardo di lire e chi ancora oggi nega la deriva corruttiva di quegli anni.

Ma il secondo problema è proprio questo.

Questo eterno ritorno non è un buon segno per il paese.

Questa discussione, come ricorda un noto editorialista, “perpetua all’infinito il fantasma degli Anni Ottanta. Siamo incagliati lì, come un veliero di pirati sommerso dalle alghe. Se parliamo solo di soldi facili e di feste volgari, come allora, è perché siamo governati da gente che allora aveva quarant’anni e intende continuare ad averli per sempre, sulla nostra pelle. Ma la colpa non è dei sopravvissuti socialisti, comunisti e democristiani. La colpa è di chi negli Anni Ottanta aveva vent’anni o anche meno, eppure continua a eternare i sopravvissuti sulle loro poltrone, non avendo l’energia per prenderne il posto e forse neppure la voglia”.

Ma vorrei già che ci siamo proporvi un ulteriore riflessione.

Molti di noi hanno iniziato a far politica in un paese pieno di rovine, quelle delle stragi di cosa nostra e le macerie della cosa pubblica ottenute da quelle “macchine di potere e di clientela” che erano diventati i partiti della prima repubblica.

Sono tempi di pacificazione, o almeno così dicono.

Di sicuro c’è qualcuno che vuole pacificare l’Italia rimuovendo dalla memoria nazionale vent’anni di berlusconismo, di leggi ad personam, di parlamenti piegati alle esigenze giudiziarie del premier più inquisito della storia.

Nulla di nuovo: pure su tangentopoli, dal 1994 in poi, furono tentati colpi di spugna, amnistie, revisioni storiche, riletture capziose in cui le guardie diventavano ladri e i ladri diventavano vittime.

Gli anni ’80 e quei drammatici primi anni ’90 dovremmo averli ormai alle spalle. Dovremmo, perché qui in Comune invece gli anni ’80 tornano a ruggire, dentro e fuori la Sala Rossa.

Ma oggi c’è qualcosa altro nell’aria, e noi non faremo finta di non sentirlo.

Sono cresciuto in un partito che aveva l’ossessione di dimostrare che c’erano e ci saranno sempre due sinistre. Oggi c’è qualcuno che non ne vorrebbe neanche una.

Voglio tranquillizzarvi, non ce la faranno. Anche noi siamo resistenti.

Non siamo piante da giardino come i garofani, noi siamo come i papaveri. I papaveri nascono ovunque. Nei campi di grano, sui bordi di strade e ferrovie. A fianco ai migliori viaggi della nostra vita. E se cerchi di fermarli, poi ritornano. E’ così che immagino la sinistra: diffusa e testarda.

Come avrete capito noi non vogliamo chiudere la prima e la seconda repubblica con un condono tombale e voglio rassicurare tutti, e forse anche me stesso: la sinistra è ancora qui e non permetteremo di trasformare Torino in un ennesimo esperimento sulle larghe intese.

Appartiene alla natura della sinistra non considerare irreparabili le sconfitte.

Per questo, per quanto continuiamo a non vedere il bel tempo, si accomodi chi pensa che siamo rassegnati.

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