Non bramiamo vendetta, vogliamo giustizia.

Idee admin 23 dicembre 2012

Se Mario Monti dice che la crisi è figlia del debito pubblico, mentre è vero il contrario, è un “padre della patria”. Se noi diciamo che i veri responsabili della crisi sono speculatori, evasori e mafiosi passiamo per sovversivi.

È ora di rifiutare la lettura di chi, responsabile di vent’anni di pensiero dominante, cerca di spiegarci che questa crisi si risolve con il rigore, con l’austerity che colpisce i più poveri, con meno diritti.

E non si tratta di assumere posizioni “di principio”, ma di ristabilire la realtà dei fatti, di ricominciare a ragionare con la nostra testa e con buon senso.

Questa crisi è prima di tutto figlia di un sistema finanziario senza regole, con pochissimi controlli e con profitti tassati in misura ridicola. Abbiamo un sistema produttivo europeo che dipende dal credito di banche d’affari, che si sono esposte in modo irresponsabile con operazioni speculative a rischio. E quando la bolla è esplosa le grandi banche sono state salvate, le piccole imprese no.

Certo, uno Stato poco indebitato avrebbe potuto fare di più. Avrebbe potuto e dovuto creare posti di lavoro investendo in istruzione, ricerca, riconversione ecologica dell’economia. Avrebbe potuto e dovuto rendere universali gli ammortizzatori sociali. Avrebbe potuto e dovuto occuparsi di edilizia sociale e di diritto alla casa.

Ma l’evasione – incoraggiata da decenni di condoni e di affermazione di una cultura anti-civica – rende il nostro Stato povero, dunque senza strumenti. In tanti siamo più poveri perché alcuni ogni giorno diventano sempre più ricchi violando la prima legge su cui si basa la convivenza civile: la solidarietà.

E quando si parla di evasione e di crisi è bene ricordarci che la più grande impresa italiana non subisce alcuna crisi e non paga nessuna tassa, anzi: la mafia S.p.A. si arricchisce con la crisi perché fa due passi avanti per ogni passo indietro che lo Stato è costretto a fare. Le mafie diventano più ricche e forti perché il narcotraffico, l’usura, il gioco d’azzardo, il pizzo, la corruzione non conoscono crisi.

La vendetta è un concetto che non ci appartiene, che lasciamo volentieri ai mafiosi.

Ma la giustizia (le legalità, certo, ma anche la giustizia sociale che dovrebbe prosciugare le “paludi di povertà” dove la mafia prospera) è e sarà il nostro faro.

Giustizia significa equiparare la tassazione sulle rendite finanziarie a quella sui redditi da lavoro o da impresa.

Giustizia significa assicurare tutele a tutti i cittadini, a partire dai sussidi di disoccupazione e dal salario minimo fissato per legge (come avviene in Francia).

Giustizia significa vera lotta all’evasione: tracciabilità, banche dati incrociate, trasparenza dei conti correnti per il fisco, e soprattutto mai più condoni.

Giustizia significa una legge che davvero dia allo Stato gli strumenti per combattere corruzione, concussione e distrazione di fondi pubblici.

Giustizia significa fare della lotta alle mafie una priorità, agevolando il riutilizzo sociale dei beni confiscati, tutelando i testimoni di giustizia, potenziando procure e forze dell’ordine, garantendo la presenza dello Stato sul territorio, monitorando e tracciando gli appalti e i sub_appalti pubblici. E anche, come prima cosa, ricordando a tutti che la mafia è ovunque: al nord come al sud, nella pubblica amministrazione come nel gioco d’azzardo, nel trattamento rifiuti come nella prostituzione, nella finanza come nel mercato della droga.

Con questo spirito i progressisti devono affrontare le elezioni e – mi auguro – la sfida del governo, perché solo così potremo superare la crisi e cambiare l’Italia.

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